Descrizione
L’autore porta argomentazioni forti a favore di una visione scettica sull’efficacia della medicina moderna. Il libro si basa su ricerche interdisciplinari e fonda le argomentazioni su esempi medici. È accessibile a lettori di qualsiasi formazione accademica.
“Dobbiamo fidarci della medicina? Stegenga dimostra che c’è da essere molto scettici. È una tesi che fa paura, tanto più che le argomentazioni
di Stegenga sono convincenti e i suoi resoconti dei fatti sembrano giusti ed equilibrati. Il problema di fondo che il libro affronta, ovvero come distinguere la scienza convincente dalla pula, non è solo al centro della filosofia della scienza, ma di ogni scienza. Qui Stegenga mostra come possiamo affrontare questo problema in un particolare contesto scientifico, comprendendo i dettagli della ricerca. Questa è filosofia di prim’ordine applicata a una delle nostre scienze più importanti”.
Nancy Cartwright
University of California San Diego
& Durham University
Jacob Stegenga è docente presso il Dipartimento di Storia e Filosofia della Scienza dell’Università di Cambridge. Ha conseguito il dottorato di ricerca presso l’Università della California a San Diego e ha ottenuto borse di studio presso l’Università di Toronto e l’Institute of Advanced Study della Durham University. La sua ricerca si concentra sulla filosofia della scienza, compresi i problemi metodologici della ricerca medica, le questioni concettuali della biologia evoluzionistica e i temi fondamentali del ragionamento e della razionalità.
Indice
Prefazione all’edizione italiana
Alfonso Troisi
Ringraziamenti
Glossario
1. Introduzione
1.1 Nichilismo medico
1.2 La nostra fiducia attuale
1.3 Breve storia del nichilismo medico
1.4 Medicina basata sull’evidenza
1.5 Argomentazioni chiave
1.5.1 Colpire le malattie con proiettili magici
1.5.2 Malleabilità dei metodi di ricerca contemporanei
1.5.3 Danni, pregiudizi e frodi
1.6 L’argomentazione principale
1.7 Dopo il nichilismo
Parte I
Concetti
2. Efficacia degli interventi medici
2.1 Efficacia e malattia
2.2 Naturalismo
2.3 Normativismo
2.4 Ibridismo
2.5 Eliminativismo
2.6 Conclusione
3. Efficacia e medicalizzazione
3.1 Introduzione
3.2 Livelli di efficacia
3.3 Requisiti di portata per l’efficacia
3.4 Un malato per ogni pillola
3.5 Sovradiagnosi e sovratrattamento
3.6 Puntare la normativa
3.7 Obiezioni
4. Proiettili magici
4.1 Introduzione
4.2 Proiettili magici
4.3 Medicina senza magia
4.4 Non-specificità
4.5 Complessità
4.6 Conclusione
Parte II
Metodi
5. Abbasso le gerarchie
5.1 Gerarchie di prove
5.2 Gli utenti delle prove impiegano i gettoni di prova
5.3 Diversi tipi di ipotesi, diverse gerarchie
5.4 Valutare e amalgamare le prove
5.5 Problemi in cima
5.6 Abbandonare le gerarchie
5.7 Discussione
6. Malleabilità della metanalisi
6.1 Metanalisi
6.2 Vincolo e obiettività
6.3 Fallimento del vincolo
6.4 La metanalisi è malleabile
6.4.1 Scelta delle prove primarie
6.4.2 Scelta della misura di esito
6.4.3 Scelta dello strumento di valutazione della qualità
6.4.4 Scelta della tecnica di mediazione
6.5 La strategia di Hill
6.6 Conclusione
7. Valutazione delle prove mediche
7.1 Strumenti di valutazione della qualità
7.2 Affidabilità inter-rater
7.3 Affidabilità inter-strumento
7.4 Sottodeterminazione della rilevanza probatoria
7.5 Conclusione
8. Misurare l’efficacia
8.1 Introduzione
8.2 Strumenti
8.3 Misure
8.4 Estrapolazione
8.5 Regolamentazione della misura
8.6 Conclusione
9. Caccia inconsistente ai danni
9.1 Introduzione
9.2 Operazionalizzazione del danno
9.3 First-in-human, mai più visto
9.4 Sperimentazioni cliniche e abuso di potere
9.5 Salta ora, guarda dopo (ma non cercare troppo)
9.6 Segretezza dei dati
9.7 Conclusione
Parte III
Evidenze e valori
10. Bias e frode
10.1 Introduzione
10.2 Varietà di bias
10.2.1 Bias di conferma
10.2.2 Bias di progettazione
10.2.3 Analisi di bias
10.3 Bias di pubblicazione
10.4 Frode
10.5 Conflitti di interesse
10.6 Formalizzare il bias
10.7 Discussione
11. Nichilismo medico
11.1 Introduzione
11.2 Interventi medici respinti
11.3 Il segreto più oscuro della medicina
11.4 Argomentazione principale
11.5 Obiezioni
11.5.1 L’obiezione “meramente empirica”
11.5.2 L’obiezione “la medicina è fantastica”
11.5.3 L’obiezione del regolamento
11.5.4 L’obiezione della revisione tra pari
11.5.5 Anti-scienza?
11.5.6 Punti di svolta
11.6 Conclusione
12. Conclusione
12.1 Medicina dolce
12.2 Messa a punto dei dettagli metodologici
12.3 Ripensare le priorità della ricerca
12.4 Regolazione e rischio induttivo
12.5 Rivoluzionare la ricerca medica
12.6 L’arte della medicina e l’amore per l’umanità
Appendice 1. Teorema di Bayes e screening
Appendice 2. Scale di misurazione
Appendice 3. Prova epistemica della superiorità di RD su RR
Appendice 4. Prova teorica della superiorità di RD su RR
Appendice 5. Modellare la misurazione dell’efficacia
Bibliografia
Indice analitico
Prefazione all'edizione italiana
Il libro di Jacob Stegenga Nichilismo medico è un saggio di pensiero
critico. Il pensiero critico è scomodo. Quindi questo è un libro scomodo.
Il pensiero critico è scomodo perché la mente umana si è costruita
in tempi evolutivi per minimizzare l’incertezza e il dubbio. In una specie
fortemente sociale e parzialmente gregaria come la nostra, la fiducia
incondizionata nei confronti di un’autorità, fosse essa religiosa, politica
o ideologica, ha sempre esercitato un effetto tranquillizzante. Questa radicata
predisposizione biologica è stata amplificata in varia misura dalle
società umane che si sono alternate in tempi e luoghi diversi. In ogni caso
però il pensiero critico non è mai stato popolare ed i suoi propugnatori,
da Socrate in giù, non se la sono mai passata bene.
La scomodità del pensiero critico aumenta se applicato alla medicina,
uno dei riferimenti sociali che più contano oggi nelle società WEIRD
(Western, Educated, Industrialized, Rich, Democratic). Viviamo tempi in
cui i progressi della medicina diagnostica e terapeutica vengono quotidianamente
magnificati dai mezzi d’informazione ed è facile dare per
scontato che “più medicina” equivalga a “più benessere”. Il libro di Stegenga
mette in dubbio questa confortevole certezza e lo fa sulla base di
argomentazioni scientifiche. Questa specificazione è cruciale perché un
titolo così drastico potrebbe far pensare che il libro origini da quelle posizioni
ideologiche, anti-scientifiche o addirittura complottiste che denigrano
la medicina contemporanea sulla base di argomentazioni dogmatiche
e fideistiche che nulla hanno a che vedere con il pensiero critico. Su
questo Stegenga è chiarissimo: “Ci si potrebbe preoccupare che la prospettiva
presentata in questo libro contribuisca a irrazionali sentimenti
anti-scienza. Tuttavia, si dovrebbe seriamente fraintenderne il messaggio
per giungere a tali conclusioni… Le argomentazioni discusse in questo
libro che danno sostegno al nichilismo medico nascono da una posizione
impegnata a favore della scienza”.
In medicina, il pensiero critico ha implicazioni pratiche della massima
importanza. Qualunque procedura diagnostica e qualunque intervento
terapeutico possono essere valutati in termini di costi e benefici, sia per
il singolo individuo (il paziente) che per la comunità. La buona medicina esige che i benefici eccedano i costi. Il pensiero critico ha il compito di
accertare che sia veramente così, demolendo le ottimistiche illusioni, le
false aspettative e gli interessi nascosti che potrebbero sviare la buona
pratica clinica. L’intuizione che i medici possano talvolta fare più male
che bene è insita nella locuzione “primum non nŏcēre”, tradizionalmente
attribuita a Ippocrate anche se fu probabilmente coniata nel 1600 da
Thomas Sydenham (Smith 2005). Stegenga dedica una breve sezione del
libro alle radici storiche del nichilismo medico. È una parte che si legge
agevolmente perché l’autore ha voluto enfatizzare i contributi di origine
artistica (per esempio la descrizione di una litografia di Honoré Daumier)
o aneddotica (per esempio la sentenza del decano della Harvard Medical
School, Oliver Wendell Holmes Senior: “Se l’intera materia medica, per
come viene usata ora, potesse essere affondata in fondo al mare, sarebbe
tanto meglio per il genere umano e tanto peggio per i pesci”). La leggerezza
espositiva va però a scapito dell’accuratezza descrittiva nel ricostruire
lo sviluppo più recente del pensiero critico in medicina. A tale riguardo,
colgo l’occasione per colmare una lacuna che curiosamente sembra
essere sfuggita all’autore. Mi riferisco all’opera di Archie Cochrane.
Il nome Cochrane è citato 24 volte nel libro ma sempre in riferimento
all’associazione internazionale no-profit nata con lo scopo di raccogliere,
valutare criticamente e diffondere le informazioni relative all’efficacia e
alla sicurezza degli interventi medici. Quel nome è in realtà il cognome
di Archibald Leman Cochrane (1909-1988), medico scozzese la cui storia
personale e professionale è di grande insegnamento per comprendere
cosa è il pensiero critico in medicina (Chalmers 2008). Il profilo psicologico
di Cochrane coniugava i due elementi che servono per essere un
buon medico: l’empatia nei confronti di chi sta male e l’attitudine mentale
all’investigazione scientifica. Prima ancora di diventare medico, salvò
la sorella Helen, ricoverata in ospedale psichiatrico, contestando un’erronea
diagnosi di demenza e dimostrando che la malattia che la affliggeva
era in realtà la porfiria, patologia su base genetica di cui lui stesso soffriva.
Nel 1936 abbandonò temporaneamente gli studi di medicina per
arruolarsi come volontario nelle file dei repubblicani che combattevano
la guerra civile spagnola. Nel 1941, durante la seconda guerra mondiale,
fu catturato dal nemico ma continuò ad aiutare i suoi compagni di prigionia
in qualità di ufficiale medico. È di questo periodo una sua riflessione
che sintetizza la necessità di migliorare la medicina attraverso la critica:
“Mi ricordo di aver letto a quell’epoca un opuscolo propagandistico, destinato
agli ufficiali medici prigionieri di guerra, che parlava di ‘libertà
clinica e democrazia’. Trovai impossibile capirlo. Disponevo di una notevole
libertà nella scelta delle terapie: la mia difficoltà nasceva dal non
sapere quali utilizzare e quando. Avrei volentieri sacrificato la mia libertà
in cambio di un po’ di conoscenze. Non avevo ancora mai sentito parlare
di sperimentazioni controllate randomizzate, ma sapevo che non c’era alcuna
vera prova che quanto avevamo da offrire avesse un qualsiasi effetto
sulla tubercolosi e, anzi, temevo di aver abbreviato la vita di qualcuno dei
miei compagni con degli interventi inutili” (Cochrane 1972).
Nella maturità, quale strenuo difensore della sanità pubblica, Archie
Cochrane elaborò le sue idee sulla base di due principi: primo, le risorse
di un sistema sanitario pubblico saranno sempre e comunque limitate;
secondo, ciascun cittadino di un paese civile ha diritto di essere curato
al meglio e gratuitamente. Da queste due premesse, egli arrivò alla
conclusione che bisognasse sviluppare una banca dati, continuamente
aggiornata, che fornisse ai medici indicazioni precise su quali cure fanno
veramente bene e meritano quindi di essere pagate con il denaro
pubblico. Ovviamente, il ragionamento si estende anche alle procedure
diagnostiche. Ammoniva Cochrane: “Se stai per richiedere un test che
può risultare o positivo o negativo e quello che farai è lo stesso indipendentemente
dalla risposta, non richiedere il test”. Oggi, l’organizzazione
no-profit che porta il suo nome prova a realizzare il progetto auspicato
da Cochrane, anche se il libro di Stegenga è ricco di esempi riguardo alla
dubbia validità di molti studi randomizzati controllati e di molte metanalisi
cliniche. Dimostrazione lampante che, in medicina, il pensiero critico
non deve mai dormire.
L’estrazione culturale di Stegenga, filosofo della scienza che insegna
all’Università di Cambridge, si riflette nei contenuti del libro. L’analisi
dei metodi che si usano in medicina per valutare l’efficacia e la sicurezza
delle terapie è una delle guide migliori ad oggi disponibili per chi
vuole capire come districarsi tra i dati che generano, in maniera più
o meno veritiera, le opinioni riguardo ai progressi della clinica e della
farmacologia. Basti un solo esempio: la spiegazione del significato e
dell’importanza dell’indice NNT. Se ogni medico prima di prescrivere
un accertamento diagnostico o un intervento terapeutico si premurasse
di conoscere il relativo indice NNT (cosa facile consultando per esempio
il sito https://www.thennt.com), molti danni ai pazienti e/o alle finanze del
sistema sanitario sarebbero evitati. La vicinanza di Stegenga alle discipline
sociali emerge anche dalla puntuale sottolineatura dei casi di frode,
di manipolazione dei dati e di censura delle informazioni da parte delle
aziende farmaceutiche. Ho trovato invece più debole la trattazione dei
modelli concettuali di malattia, in particolare la descrizione del modello
che Stegenga chiama naturalistico ma che in senso più ampio deriva
dall’approccio evoluzionistico alla medicina. Contrariamente a quanto
sostiene Stegenga, questo modello non presenta contraddizioni intrinseche
di natura teorica nel definire la salute e la malattia. Piuttosto, esso è
inapplicabile nella pratica clinica perché la medicina è una disciplina che
inevitabilmente deve accettare giudizi di valore culturalmente costruiti
che talvolta confliggono con ciò che è adattativo (e quindi sano) nella
prospettiva biologica (Troisi 2015).
Concludo con un suggerimento per il lettore italiano. La lettura di
Nichilismo medico è molto più proficua se viene affiancata dalla lettura di
Una palla di neve nella tormenta il cui sottotitolo è “Note di un medico
sull’incertezza della medicina” (Hatch 2017). È come avere accanto un
brillante epistemologo, Jacob Stegenga, e un clinico disincantato, Steven
Hatch, che ci dimostrano come il prezioso albero della medicina richieda
costanti potature per non trasformarsi in una pianta infestante.
Alfonso Troisi
Roma, aprile 2023