Descrizione
Una neuroscienziata esplora il modo in cui il trauma ha un impatto sul cervello, soprattutto per le donne, e come possiamo imparare a guarire da soli.
Tutti sperimentano un trauma. Che si tratti di un evento specifico e straziante o di una serie di momenti stressanti che si accumulano nel tempo, il trauma può riecheggiare nel nostro cervello più volte nel corso della nostra vita. In Trauma quotidiano, Tracey Shors esamina il trauma concentrandosi sulla sua natura pervasiva: può verificarsi in qualsiasi momento, attraverso eventi grandi o piccoli, e spesso riappare sotto forma di memoria codificata, con potenziali conseguenze a lungo termine come dipendenza, ansia, depressione e PTSD. La sua ricerca rivela perché un trauma diventa spesso molto difficile da dimenticare. E spiega perché le donne, in particolare, sono più vulnerabili allo stress e agli eventi traumatici, con una probabilità tre volte maggiore rispetto agli uomini di soffrire di PTSD. La dottoressa Shors illustra gli strumenti efficaci che possono ridurre i pensieri ripetitivi che rafforzano i nostri traumi, tra cui le terapie cognitive e quelle basate sul trauma, come il suo programma innovativo, una combinazione di allenamento mentale e fisico, chiamato MAP Training.
Comprendendo come il nostro cervello reagisce ai traumi e praticando tecniche comprovate che possono allenare il nostro cervello a lasciar andare i nostri tragici ricordi – qualunque essi siano – siamo meglio equipaggiati per vivere un presente più brillante.
Tracey J. Shors, Ph.D., è professoressa di neuroscienze comportamentali e sistemiche e membro del Center for Collaborative Neuroscience della Rutgers University. È anche vicepresidente e direttore degli studi universitari del dipartimento di psicologia. Ha pubblicato più di 140 articoli scientifici, tra cui quelli pubblicati su Nature, Nature Neuroscience, Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America e Science, del suo lavoro si è scritto su Scientific American, The New York Times, The Washington Post e su NPR e CNN.
Prefazione all'edizione italiana
La nostra vita è fatta di storie, noi stessi siamo il frutto della nostra storia, della storia degli eventi che ci hanno coinvolto direttamente o indirettamente, della storia delle generazioni che ci hanno preceduto. Le storie presentate da Tracey Shors, in questo suo libro che colpisce il lettore per la semplicità e l’immediatezza della sua scrittura, per la sensibilità delle sue riflessioni cliniche e per l’attenzione alla ricerca psicologica e neurobiologica sul trauma, riguardano traumi che hanno lasciato una ferita nel corpo e nella mente di chi li ha vissuti.
È un fatto oramai assodato che non esistono eventi di per sé traumatici: tutt’al più possiamo parlare di eventi, alcuni dei quali, come ad esempio gli abusi sessuali, fisici, gli incidenti stradali, le catastrofi naturali, le guerre che possono essere, più di altri, potenzialmente traumatici. Ma al di là delle sue caratteristiche manifeste, il trauma è legato all’esperienza emotiva che ne fa la persona; come scrive l’Autrice, “ciò che è stressante o traumatico per una persona può non esserlo per un’altra”, e questo in ragione di differenze individuali che coinvolgono anche le capacità di resilienza. “È utile pensare – scrive sempre Tracey Shors – a ogni persona come a una corda. Una persona potrebbe essere nata con una corda forte e spessa, mentre un’altra è nata con una corda sottile e più fragile”. L’ immagine della corda è indubbiamente utile e chiarificatrice. Aggiungerei però che lo spessore della corda dipende non solo da ciò di cui la persona è dotata dalla nascita ma anche dalla qualità emotiva delle esperienze relazionali fatte nel corso della vita, con una particolare attenzione ai primi anni di vita.
Ma cosa è un trauma? E qual è la differenza fra stress e trauma? Ritengo utile partire da quest’ultimo quesito per rispondere alla prima domanda. Tracey Shors ci spiega che sono tre le differenze fondamentali fra lo stress e il trauma: (1) la durata, (2) l’intensità e (3) il modo in cui ci sentiamo durante e dopo un evento. A queste tre ne aggiungerei una quarta, la dissociazione. Per comprendere il ruolo della dissociazione in questa differenza fra trauma e stress, richiamo l’attenzione del lettore al significato della parola stress, ovvero tensione. Parliamo di stress quando, in risposta a uno stimolo, una condizione omeostatica del corpo lascia il posto a una tensione. L’adeguatezza o meno della risposta somatica e psichica della persona contribuisce a rendere lo stress sano e adattivo (eustress) o patologico e disadattivo (distress). Soffermiamoci sul distress.
Come detto, si tratta di uno stress patologico, ma non traumatico, che può elicitare un intenso e profondo malessere accompagnato, ad esempio, da stati di ansia, depressione ecc. Nonostante la presenza di una disregolazione fisiologica ed emotiva, nel distress la persona mantiene comunque un certo grado di connessione con la realtà. Cosa diversa è per l’individuo traumatizzato, che si trova immerso in memorie che lo inchiodano a un passato continuamente rivissuto (reenactment) nel presente.
Quale differenza c’è, a questo punto del discorso, fra distress e trauma? Ritorniamo all’esempio della corda. Immaginiamo di stressare la corda facendole raggiungere un livello di tensione tale che si spezza. È proprio quando la corda si spezza che si può parlare di “stress traumatico” o trauma; per cui se è vero che ciò che è traumatico è anche stressante non è vero il contrario. Intendo dire che un’ulteriore differenza, oltre a quelle discusse dall’Autrice, fra trauma e (di)stress è la presenza nel trauma (o stress traumatico) di una condizione dissociativa, tanto da poter parlare di trauma dissociativo (Craparo). Nell’esempio della corda, il “punto di rottura” (breaking point) si riferisce proprio alla dissociazione, e nello specifico alla dissociazione strutturale: costrutto sviluppato da Van der Hart, Nijenhuis, Steele (2006), a partire dall’originaria teorizzazione di Janet sulla “disaggregazione psicologica” (Janet 1889; vedi anche Craparo, Ortu, Van der Hart 2019). Gli studi neurobiologici di quest’ultima decade (ad esempio, Porges 2011, LeDoux 1999) hanno fornito chiarimenti utilissimi alla comprensione
dei correlati neurobiologici associati al trauma (e alla dissociazione), oltre ad aver contribuito allo sviluppo di efficaci strategie di intervento, come ad esempio il “MAP Train My Brain” presentato da Tracey Shors in questo suo libro, la cui lettura mi auguro risulti stimolante per
chi è interessato a saperne di più sul trauma e su come trattarlo.
Giuseppe Craaro, PhD
psicologo, psicoanalista, professore associato di Psicologia clinica
presso la Facoltà di Scienze dell’Uomo e della Società (Università Kore
di Enna)
Indice
Prefazione all’edizione italiana
Giuseppe Craparo
Prologo
Parte I
Le storie della nostra vita
1. Traumi della vita, grandi e piccoli
2. Come lo stress e il trauma cambiano la nostra vita
3. Le due forme di trauma quotidiano
Parte II
Dai pensieri ai ricordi ai sentimenti
4. Ruminazioni: pensieri che si bloccano nel nostro cervello
5. Il cervello impara sempre
6. Le donne e il loro cervello che cambia
7. Neuroni quotidiani per la vita di tutti i giorni
Parte III
Preparare il nostro cervello ad affrontare i traumi quotidiani
8. Terapie per lo stress e il trauma
9. MAP allena il mio cervello: un programma di allenamento “mentale e fisico”
10. Perché dovremmo allenare il nostro cervello
11. Vivere con i traumi: passato, presente e futuro
Ringraziamenti
Note
Indice analitico